Gianluca Guarnieri
I momenti difficili capitano a tutti. Anche ad un campione. Ad uno che ha realizzato 53 reti in nazionale, dimostrando sempre grinta e personalità, anche di fronte a momenti negativi. Il soggetto in questione è ovviamente Wayne Rooney, teletrasportato in un momento no, dopo la vittoria (stentata) dell’Inghilterra contro Malta e i relativi fischi dell’intero Stadio di Wembley destinati soprattutto a lui, al Capitano, a “Wonder boy”, bersaglio dei tifosi infastiditi dalla prestazione scialba dei “Tre Leoni”. Momento no senza ombra di dubbio, vista anche l’esclusione del numero 10 del Manchester United anche dalla sua squadra di club con un José Mourinho non convinto appieno delle prestazioni del suo leader, con la stessa sorte subita anche con la maglia bianca di Sua Maestà. Lo stesso calciatore simbolo dei Red Devils lo ha annunciato ieri in una conferenza stampa affollata e ricca di tensioni, con l’attaccante (ora divenuto centrocampista) capace di trattenere le emozioni e di dimostrarsi d’accordo (almeno formalmente) con la scelta di Gareth Southgate. Un rospo molto duro da ingoiare, ma almeno il self control è stato di puro stile British e questa sera a Lubiana, al prossimo 31enne di Liverpool, toccherà accomodarsi in panchina ed osservare i suoi compagni battersi contro la Slovenia. Ovviamente potrà avere le sue chance di entrare, e uno della sua classe (indiscutibile) potrà essere d’aiuto in ogni situazione, ma la decisione di Southgate è una di quelle pesanti e che lascia il segno, in un paese legato visceralmente alle proprie tradizioni e simboli. La cosa curiosa e con un sapore di beffa del destino è che la decisione dell’accantonamento accade proprio nel giorno del compleanno di Bobby Charlton, anche lui simbolo dello United e dell’Inghilterra, e punto di riferimento di Rooney, come carriera e carisma. Capitò anche a lui di andare in panchina, e magari due chiacchiere con lui potrebbero giovargli. Succede ai migliori e può succedere anche a “Wazza”.